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CHE DONNE

Storie al femminile
Pane, passione e cordialità

traduzione: eng | عربي

Nicolini

di Francesca Parisini

Anna Maria Atti fa parte di una dinastia di "fornai" che ha contribuito a diffondere la tradizione culinaria bolognese oltre i confini cittadini. Una donna che del lavoro ha fatto anche una missione, sempre attenta ad offrire, insieme a prodotti di qualità, un sorriso sincero.

All’età in cui di solito si godono i frutti di una lunga fatica lavorativa, Anna Maria Atti non ci pensa neanche a ritirarsi. Vede qui fuori? In pochi anni hanno chiuso dodici negozi", dice indicando le vetrine su via Caprarie, strada storica del centro di Bologna, a pochi passi dal mercato alimentare più goloso della città. "Il centro oggi non ha più residenti. Anche noi viviamo in gran parte grazie ai turisti. Forse converrebbe chiudere, ma se fossi costretta a farlo, mi ingegnerei per aprire una nuova attività. Uno a non lavorare va in depressione".

Anna Maria Atti fa parte di una stirpe di donne che, dopo il fondatore, Paolo, di uno dei forni storici della tradizione culinaria bolognese, ha da sempre caratterizzato un’azienda al femminile. "Il femminismo? – si stringe nelle spalle – Ma quando io ho cominciato, negli anni ’60, erano già tante le donne imprenditrici bolognesi. Nessuno si meravigliava di questo. Semplicemente era così".

“Da ragazzina, a Natale, venivo messa alla chiusura dei tortellini; allora spedivamo in tutta Italia e non solo”

La storia del panificio Paolo Atti e figli prende il via nel 1880, quando il fondatore, arrivato in città dalla campagna, comincia come fornaio e in breve diventa manager. Il suo bene più prezioso, il suo patrimonio, è il mestiere, che mette in pratica in uno dei negozi più antichi della città, in via Drapperie, di cui diviene presto proprietario. A due passi da lì, in via Caprarie appunto, poi costruirà il suo palazzo e il suo piccolo impero fatto di 13 forni, sparsi per la città e non solo. Alla sua morte, nel 1910, è la figlia Margherita a prendere in mano le redini dell’azienda: è la nonna di Anna Maria. Poi toccherà a sua madre, Paola, e negli anni ’60 alla protagonista di questa storia, dopo che nel ’56 si era sposata con Romano Bonaga, della famiglia Tamburini, altra dinastia che ha reso celebre la gastronomia cittadina. "Io in un forno ci sono nata", racconta Anna Maria che alle dieci del mattino, vestita di tutto punto, con collana ed orecchini rossi, ci accompagna lungo il labirinto di questo storico e suggestivo forno bolognese. "Da ragazzina, a Natale venivo messa alla chiusura dei tortellini; allora spedivamo in tutta Italia e non solo. Oppure mia nonna Margherita mi metteva seduta su uno sgabello qui, tra le sette commesse che allora avevamo in negozio. Mi diceva che la mia presenza avrebbe reso veloci le loro mani, per non fare aspettare troppo i clienti".

Uguali

Oggi le cose sono molto cambiate: dietro al bancone del negozio di via Caprarie, uno dei due sopravvissuti dell’azienda, ci sono solo due commesse, anche se l’impresa conta 25 persone impegnate nel forno, alla pasticceria, alla preparazione di alcuni piatti pronti. Insieme a loro ci sono anche quattro dei cinque figli di Anna Maria, desiderosi di non far morire uno dei pochi negozi storici sopravvissuti alle grandi catene, alle boutique, ai negozi anonimi.

Atti rimane, infatti, un esempio di impresa tradizionale e famigliare, capace di sopravvivere alle mode dei cibi surgelati, dei sapori tutti uguali, del mordi e fuggi nei bar del centro. "Perché il segreto – risponde Anna Maria – è comprare il pane dove lo fanno. Del resto, gli ingredienti sono sempre gli stessi: acqua, farina, lievito". Non c’è giorno che Dio mandi in terra che Anna Maria non si presenti in negozio alle dieci del mattino, anche ora che da pochi mesi ha perso il marito. "Io sono addetta alle pubbliche relazioni", racconta orgogliosa. Perché entrare da Atti significa anche quello: trovare, insieme al buon pane, un sorriso, quattro chiacchiere con la signora Anna Maria, come faceva sua madre, come faceva sua nonna, tutte donne che nei decenni hanno anche alimentato dal salotto di casa propria, dove si riceveva una volta a settimana per il the delle cinque del pomeriggio, la fama di una città accogliente e bonaria.

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