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Passioni

traduzione: eng | عربي

di Giancarlo Strocchia

Vedi alla voce avventura

Antonio Santinello, della direzione promozione e sviluppo facility management privato, ha fatto della passione per il ciclismo una ragione di vita. Preparazione fisica, studio dei percorsi e voglia di misurarsi su ogni terreno gli hanno fatto raggiungere traguardi importanti, anche in mare, uscendo in barca a vela.

Partiamo dalle prime pedalate. in sella da quando e perché?

Il ciclismo mi è sempre piaciuto, sin da piccolo ho sempre seguito in TV le grandi corse a tappe (Giro, Tour e Vuelta). Allora i ciclisti erano per me dei super-uomini: riuscivano a percorrere ogni giorno centinaia di km senza stancarsi e poi ripartire il giorno dopo! Avevo 20 anni e facevo l’università, all’inizio fare un giro in bicicletta per i Colli Euganei era per me un momento di rilassamento dopo una giornata di studio. Ogni tanto incontravo qualche gruppo di ciclisti e mi aggregavo e, come sempre avviene, si comincia ad aumentare la velocità per vedere chi è più forte in piano o in salita. Dopo quasi un anno cominciai a fare le prime gare agonistiche su strada come amatore. Ho iniziato a 21 anni ed ho smesso 48 anni. Ogni sabato e domenica partecipavo a gare in giro per il Nord-Est. Sono passato dalla strada al ciclocross e poi alla mountain bike. Facevo molti sacrifici per allenarmi, spesso d’estate mi alzavo alle 5 per potermi allenare ed essere al lavoro alle 8,30. Per fare agonismo si deve adottare uno stile di vita sano e questo mi aiutava a star bene anche fuori delle competizioni.

Il viaggio negli stati uniti, compiuto insieme al figlio marco, ha rappresentato una delle tappe più importanti nella carriera ciclistica “on the road” di antonio. Qui riportiamo alcune testimonianze fotografiche della sua impresa.

Dalle competizioni ai grandi itinerari. cosa cambia maggiormente, l’approccio, la preparazione o le sensazioni?

Ho fatto un’attività agonistica costante per più di 25 anni, competere con gli altri mi piaceva, ma una domenica, durante una gara di mountain bike, in discesa per recuperare sui primi ho osato più del solito e nel superare un avversario presi una buca in pieno… la bici si è fermata ed io sono volato per una decina di metri andando a sbattere sul costone della montagna! Il casco nell’urto si era spaccato ma per fortuna mi aveva protetto, il danno più grosso l’avevo al polso che si era rotto. Mi ero ripromesso di smettere ma, tolto il gesso, dopo una settimana ero già con il numero attaccato sulla schiena in mezzo al gruppo a pedalare. Gara dopo gara mi sono reso conto che la paura di cadere e di farmi male stava prendendo il sopravvento. Era venuto il momento di smettere anche per me. È stato allora che il mio spirito di avventura mi ha “aiutato” a trovare un nuovo stimolo per allenarmi. D’estate mi capitava spesso di vedere in giro per le strade dei ciclisti carichi di borse, di quelli che girano l’Europa. Per alcuni anni ho accantonato la cosa, poi un anno, era il 2004, ho traslocato. È stata un’esperienza veramente stressante, avevo bisogno di cambiare aria. È stato allora che mi è venuta l’idea di partire in bicicletta per un raid di una settimana. Ho preparato la mia bici, ho caricato sopra le borse da viaggio con un po’ di vestiario e sono partito per Vienna! Quando sono ritornato a casa dopo otto giorni ero un altro, più calmo, rilassato potevo affrontare la vita quotidiana con un altro spirito. E mi sono fatto una promessa: d’ora in avanti ogni anno mi sarei regalato qualche settimana di solitudine, avventura e sfida! E così è stato in un crescendo di km ed esperienza. Dal 2004 in poi ho girato tutta l’Europa: Parigi, Barcellona, Amsterdam, il Cammino di Santiago e Porto, la Gran Bretagna. Ora allenarmi (quando posso) non mi è più un peso, tutto quello che faccio lo faccio con l’obiettivo di arrivare al massimo della forma in quelle poche settimane in cui lo spirito avventuriero che è dentro di me lancia la sua sfida!

L’avventura e la disavventura che maggiormente hanno segnato la sua carriera di gran pedalatore.

Il viaggio a Capo Nord del 2008 con partenza da Bressanone è stata l’avventura che mi è rimasta dentro più di tutte. È stato il primo viaggio oltre le tre settimane e di un kilometraggio elevato (quasi 3.800 km). Nella mia mente raggiungere Capo Nord significava dimostrare a me stesso che “quando i sogni diventano realtà significa che i limiti ce li creiamo solo dentro di noi”. La mia maggiore disavventura invece è avvenuta l’anno dopo nel 2009 durante il viaggio verso il Cammino di Santiago con partenza da Genova. Avevo deciso di passare per la Provenza, era agosto e faceva un caldo infernale, erano le 2 di pomeriggio e mi trovavo su una strada un po’ in salita tutta di sassi e pietre, non c’era neanche un albero. Era un forno, io non avevo molta acqua e quella poca che avevo era anche calda e non riuscivo a rinfrescarmi la testa. Cominciavo a pedalare con molto affanno e sentivo il cuore pulsare forte, e ho pensato: “Antonio, stavolta hai trovato i tuoi limiti…!”. Cominciavo ad aver i sintomi di un’insolazione ed ero da solo. Finalmente dietro ad una curva ho trovato degli alberi, sono stati la mia salvezza, vicino c’era anche una casa, ho bussato alla porta ed ho chiesto dell’acqua all’uomo che ha aperto. Mi sono disteso sull’erba e con la borraccia mi sono bagnato la testa, le braccia ed i polsi. Un po’ alla volta i battiti cardiaci si sono normalizzati e ho cominciato a respirare meglio. Sono rimasto li disteso per due ore ad aspettare che il sole calasse un po’. Mi era andata bene anche se avevo commesso un grande errore, avrei dovuto fermarmi molto prima. Questo errore non l’ho mai più commesso!

“per pianificare le tappe devi conoscere le difficoltà che incontrerai, distribuendo i km in base all’orografia del posto e alla tua capacità di recupero”

Di recente ha attraversato gli Stati uniti. un tragitto mitico, come la route 66. come ci si prepara ad un’impresa del genere?

Direi più mentalmente e a tavolino che fisicamente. Ho iniziato a pensarci l’anno scorso appena tornato dal giro della Gran Bretagna. Per un anno ho passato molte delle mie serate e week end a individuare il percorso più idoneo. Ho cercato soprattutto informazioni sulle condizioni meteorologiche e sull’altimetria che rappresentavano i due principali problemi che avrei incontrato. Per pianificare le tappe devi conoscere esattamente le difficoltà che incontrerai, devi distribuire i kilometri nei vari giorni tenendo conto sia dell’orografia dei luoghi che della tua capacità di recupero. Naturalmente non si può tralasciare la preparazione fisica che contribuisce al 45% del successo, l’altro 45% è lo studio del percorso ed il restante 10% al fattore C, ovvero la fortuna!

In periodi normali qual è il suo allenamento consueto?

Personalmente non smetto mai di andare in bicicletta tutto l’anno e tutti i week-end non perdo l’occasione per fare delle uscite di 70-80 km con qualsiasi condizione meteorologica. Per prepararmi all’avventura americana la preparazione è iniziata da maggio fino a luglio, in questi mesi nei week-end ho portato progressivamente la distanza percorsa fino a 160-180 km al giorno di cui almeno 30-40 km di salita. Sono arrivato a fine luglio all’80%. In questi viaggi non puoi partire al 100% in quanto rischi di “scoppiare” come si dice in gergo ciclistico.

Un’altra sua passione è la vela. uno sport, insieme al ciclismo, che porta ad un rapporto molto stretto con l’ambiente e con sè stessi. cosa si pensa quando si macinano tanti kilometri o tante miglia magari in completa solitudine?

Alla vela mi sono avvicinato dieci anni fa, di questo sport mi piaceva il silenzio e i grandi spazi ma soprattutto il senso di libertà che una barca a vela ti da quando ne sei al timone. Sei immerso nella natura e cerchi di assecondarla a tuo favore. In bicicletta invece è il tuo corpo che ti fa muovere e la natura diventa la nemica da sconfiggere, penso al vento, alle salite. Ma una nemica che ti fa apprezzare tutte le cose cui non dai attenzione. Nei miei viaggi mentre pedalo non penso a nulla, mi limito a solo ad osservare tutto quello che mi circonda e prepararmi alla fatica che dovrò fare per superare una salita o il vento contro. Arrivi alla sera stanco ma felice, chiudi gli occhi e rivedi il film della giornata e dentro di te assapori la gioia essere arrivato dove di eri prefissato solo grazie a te stesso. Insomma la vela e ciclismo mi aiutano e mi insegnano a trasformare la “normalità” di una giornata “qualunque” in una giornata “eccezionale” perché vissuta istante per istante.

La prossima impresa?

Escludo l’Italia, non perché sia esterofilo, ma perché girare in bici in Italia è troppo pericoloso, ho avuto amici investiti e uccisi da auto che sfrecciavano su strade strette. Non che all’estero non possa succedere ma dopo aver visto tutta l’Europa e l’America posso dire che in Italia e in Gran Bretagna ci sono le strade più pericolose per noi pedalatori. Mi erano venute in mente due mete: Mosca e l’Australia. L’Est Europa mi attira ma ritengo che non possa darmi, al di fuori delle grandi città, tutti i servizi logistici di cui uno che fa 150 km al giorno ha bisogno. Per cui molto probabilmente sarà la grande e selvaggia Australia la prossima meta, anche se in agosto da quelle parti è inverno. Penso di pedalare lungo la costa sud, per esempio da Perth a Sidney.

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