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traduzione: eng | عربي

di Giancarlo Strocchia

A vele “ben spiegate”

Un incontro casuale, quello tra Maurizio Massanelli e la vela, che si è  trasformato negli anni in una grande passione. Oggi il responsabile della direzione tecnico-commerciale di Manutencoop può vantare un discreto numero di miglia consumate in mari nostrani e non, d’estate e d’inverno, a volte con qualche emozione di troppo, come quando quella volta, tra Malta e la Sicilia...

Vento d’estate. Quello che gonfia le vele e trasporta i naviganti verso sponde sconosciute. Un’immagine forse troppo romantica, ma neanche tanto lontana dal vero, se si pensa che lo spirito con cui si affronta una traversata in mare ha sempre qualcosa a che vedere con il desiderio di “evasione” e di ignoto. La stessa sensazione di libertà che confessa al nostro giornale Maurizio Massanelli, di professione ingegnere, responsabile della direzione tecnico-commerciale di Manutencoop, e velista per scelta. “A sedici anni un mio compagno di liceo mi dice: stasera vieni con me da mio cugino che sta restaurando una barca a vela ed ha bisogno di braccia per spostarla? – ci racconta - quella barchetta in legno di 5 metri diventò per me il più bel passatempo, e poi... negli anni settanta, a Pesaro, mia città d’origine, arrivare in spiaggia veleggiando migliorava decisamente le possibilità di relazione con le ragazze”.

Maurizio Massanelli in traversata

Libertà, avventura, distacco. Quale di queste sensazioni pensa di poter maggiormente identificare con la vela? Se nessuna delle tre, quale altra le viene in mente e perchè.

Quella di libertà è sicuramente una delle principali sensazioni che si provano a vela, allontanarsi dalla costa senza il disturbo di un motore e sentire il rumore della città che lascia rapidamente il posto allo sciacquio delle onde ed al soffio del vento ti dà la percezione di abbandonare anche gli impegni più pressanti. La sensazione di avventura l’ho provata frequentemente negli anni ottanta e novanta quando partecipavo a regate d’altura e si stava in mare senza sosta anche per settimane intere, affrontando le condizioni meteo mano a mano che si manifestavano e cercando di avere sempre la massima velocità della barca. E poi la vela è tecnica, dalla fluidodinamica all’intuizione anticipata della direzione del vento sempre in continue regolazioni millimetriche delle vele, se ci “caschi” ti prende moltissimo.

Ci racconta una traversata o una vicissitudine particolare vissuta in barca?

A ventiquattro anni mi era stato affidato dagli armatori il comando di un tredici metri da portare da Pesaro a Malta da dove poi saremmo partiti per la regata d’altura più bella alla quale io abbia mai partecipato: la “Malta Middle Sea Race”, seicento miglia senza sosta attorno alle isole del mediterraneo centrale.

“Allontanarsi dalla costa senza il disturbo di un motore mentre il rumore della città lascia il posto allo sciabordio dell’acqua”

Il giorno prima della partenza andò in tilt la strumentazione di bordo, per avere la scheda elettronica di ricambio servivano alcuni giorni e non avremmo più avuto il tempo necessario per raggiungere Malta in tempo per la regata (circa sei giorni). Partimmo ugualmente con a disposizione solo bussola e carte nautiche, praticamente come duecento anni prima. Fu entusiasmante, compreso una burrasca fortissima nell’ultima tratta, tra Sicilia e Malta, durante la quale subimmo un paio di avarie fortunatamente risolte. Fu questa l’unica occasione nella quale ho provato seriamente paura in barca. Arrivammo in porto a La Valletta alle sette di mattina del giorno di partenza della regata, prevista per le 18. Ci classificammo primi di classe ed il nome della barca fu inciso sul “boccale del Mediterraneo” custodito presso il Royal Yacht Club di Malta.

Tutto il mare è uguale per un velista o ci sono posti che meglio si prestano ad accogliere una vela?

Direi che la scelta è molto soggettiva, c’è chi ama il mare aperto, non gli basta il Mediterraneo e cerca l’oceano, per chi sta in Adriatico ci sono le isole dalmate che si prestano a crociere indimenticabili, per chi ha poco tempo e ne ha già viste parecchie, può bastare quello specchio d’acqua antistante il parco naturale del Colle San Bartolo, tra Cattolica e Pesaro, qualche ora, la domenica, anche in inverno.

Quali consigli darebbe a chi volesse intraprendere la stessa attività sportiva?

Prima di tutto di non prendersi troppo sul serio, per me la vela deve essere relax e divertimento, per cui non bisogna imitare chi urla e impreca all’equipaggio per un errore di manovra, esasperare l’acquisto di accessori o modifiche alla barca nel tentativo di battere in velocità il vicino di ormeggio. Bisogna osservare i comportamenti dei più esperti, imparare da loro il rispetto del mare, non temerlo, ma essere sempre pronti ad affrontare i suoi mutamenti esercitandosi anche in simulazioni di recupero o manovre di fortuna. Insomma privilegiare l’aspetto “marino” rispetto a quello “modaiolo” del regatante della domenica. Si dice poi che i momenti più belli che ti regala la barca a vela sono due, quando la compri e... quando la vendi! Il secondo momento non l’ho ancora provato!

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