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CONSIGLI VERDI

A tu per tu con la natura
Tutte le sfumature del bio

Dall'Olio

di Gabriele Dall’Olio
biografia

Dal dopo guerra ad oggi si è gradualmente sviluppata la consapevolezza che lo sfruttamento sconsiderato del territorio, ed in particolare di quello agricolo, debba lasciare posto a nuovi metodi di gestione, più rispettosi ed attenti ai fragili equilibri del nostro ecosistema.

Nell’ultimo decennio hanno sempre più preso piede nuove filosofie e tecniche colturali alternative, ed oggi la grande platea dei consumatori ha una coscienza ormai consolidata di quello che significano i problemi ambientali in senso generale. È proprio grazie a questa nuova consapevolezza che queste tecniche di coltivazione iniziano ad essere il fondamento metodologico per un numero sempre maggiore di aziende agricole, anche di media e grande dimensione. Come sempre, trattandosi di “mercato”, il rinnovo in atto nella grande distribuzione si è innescato per forti ragioni economiche, ancor prima che etiche ed ecologiche. Vi è infatti una fetta sempre più grossa di consumatori che richiede cibi più sani e genuini, ai quali andare incontro con una offerta mirata e convincente. Fatta questa premessa si può dire che i metodi di coltivazione che rispondono a questa necessità sono diversi e vengono, talvolta erroneamente, inquadrati con il termine di “coltivazioni biologiche”. Dico erroneamente perché le metodologie colturali alternative sono diverse e solo una di queste risponde al termine di agricoltura biologica.
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su un argomento abbastanza intricato e in continua evoluzione, dove gli interessi economici sono sempre più grossi.

AGRICOLTURA BIOLOGICA
L’aggettivo “biologico”, legato all’agricoltura, sta a definire un metodo di produzione inquadrato, dal punto di vista legislativo, sia a livello comunitario che nazionale (D.M. 18354/09). L’agricoltura biologica rappresenta un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo l’impiego di sostanze naturali, presenti cioè in natura, escludendo l’utilizzo di concimi, diserbanti ed insetticidi di derivazione chimica. Inoltre si previlegia l’uso di tecniche agricole che mirano ad uno sfruttamento meno intensivo del terreno.
Il passaggio intermedio, dall’agricoltura convenzionale (moderna) a quella biologica, è stato lo sviluppo dell’Agricoltura integrata, metodo a minor impatto della convenzionale, che prevede l’adozione di tecniche compatibili con la conservazione dell’ambiente e la sicurezza alimentare. Anche in agricoltura integrata vi è una attenzione alla minimizzazione dell’uso di prodotti chimici di sintesi anche se il loro utilizzo è in buona parte ammesso. L’agricoltura biologica sta diffondendosi velocemente anche grazie alle normative e alle certificazioni, che ne garantiscono le caratteristiche qualitative e gli permettono di essere commercializzabile anche dalla grande distribuzione. Gli va quindi dato il merito di essere il precursore e l’apripista di questo cambiamento ma, come spesso accade, questa sua apertura al mercato l’ha portata a doversi adattare a regolamenti che vengono definiti, da molti esperti, troppo ammorbiditi rispetto alle linee guida inziali. Si sa che da sempre è necessario il compromesso perché certe innovazioni possano passare da un mercato di nicchia ad un mercato di massa e credo si possa dire che, anche in questo caso, la regola non ha avuto eccezioni.
Per fare un paio di esempi che facciano capire la ragione di queste critiche si può citare il fatto che nei protocolli del biologico sono ammesse deroghe al divieto di utilizzo dei prodotti chimici. Oltre a questo alcuni prodotti naturali, ammessi nei trattamenti di coltivazioni biologiche solo perché di origine naturale, sono stati banditi nell’agricoltura tradizionale perché dannosi ed alto impatto ambientale (Roteneone, Nitrato del Cile, ed altri).
Per queste ed altre ragioni, su cui non approfondisco oltre, l’agricoltura biologica è oggi considerata, dagli integralisti della naturalità e biodiversità, un eccessivo compromesso. Allo stato attuale si stanno facendo strada altre tecniche colturali innovative, spesso esistenti da molti decenni, che si pongono come alternativa o a supporto di quelle note con il termine di agricoltura biologica.

AGRICOLTURA BIODINAMICA
L’agricoltura biodinamica nasce prima dell’agricoltura biologica. Si basa sul rapporto dinamico esistente tra l’ambiente naturale e gli organismi che vi vivono. È un metodo di coltivazione elaborato dal filosofo Rudolf Steiner intorno al 1920, basato su una visione che, includendo l’idea di agricoltura biologica, considera come un unico sistema il suolo e la vita che si sviluppa su di esso.
Semplificando vi sono due principi che regolano la teoria biodinamica di Steiner, le complesse fasi del compostaggio del materiale destinato alla concimazione delle colture e le fasi lunari, a cui è data un’importanza fondamentale nell’organizzazione delle operazioni colturali. È per questa ragione che viene messo a disposizione degli agricoltori che seguono questo metodo il calendario biodinamico, nel quale sono specificati i giorni “aria”, “acqua”, “luce” e “terra”; ognuno dei quali ha uno specifico riflesso sulla vita del seme o della pianta. Esemplificando i giorni acqua favoriscono la crescita della foglia, i giorni terra quella delle radici, i giorni aria i fiori ed i giorni luce i frutti. Un’altra differenza importante tra agricoltura biologica e biodinamica è che quest’ultima prevede l’utilizzo di alcuni preparati a base minerale, vegetale e animale detti “preparati biodinamici”.
Questi preparati, che si potrebbero definire “omeopatici”, si dividono in due gruppi: i preparati da spruzzo e i preparati da cumulo. In totale sono otto, due vengono spruzzati sui campi direttamente e sei vengono immessi nel cumulo. I due preparati da spruzzo sono: il cornoletame (letame di mucca maturato e conservato con metodi particolari); e il cornosilice (che è una un impasto costituito da una polvere di quarzo purissimo frantumato miscelato all’acqua). Il suffisso “corno” deriva dal fatto che per la preparazione si usa come contenitore un corno di vacca. Il loro utilizzo è subordinato alla miscelazione e dinamizzazione, quest’ultima è una parte fondamentale della preparazione poiché attraverso la dinamizzazione le qualità acquisite dai preparati vanno trasferite all’acqua.
I preparati da cumulo derivano invece dalla lavorazione di alcune piante, che hanno particolari proprietà, le quali, preparate e conservate, vengono mischiate con letame di mucca. Il fine principale della biodinamica è attivare la vita nel terreno, in modo che le sostanze presenti possono essere liberate e assimilate dalle piante nella misura necessaria. Questo processo naturale si svolge con il fondamentale contributo dei lombrichi e di tutti i microrganismi presenti nel terreno, per questo ogni intervento deve avere come scopo di proteggere e intensificare questa vita sotterranea. La biodinamica è molto più articolata e complessa dell’agricoltura biologica, ed è infatti considerata la fonte ispiratrice da cui si è sviluppata la moderna agricoltura biologica. Anch’essa ha un’associazione ed un marchio che la rappresentano e ne garantiscano la qualità (Associazione Demeter), ma non è normata a livello comunitario e nazionale come la biologica.

AGRICOLTURA NATURALE
Una definizione possibile di agricoltura naturale è: tecnica a bassa intensità di terra, di capitale e di lavoro e ad alta intensità di Mu. Si capisce subito che qui la cosa è un po’ filosofica... tanto per cominciare, che cos’è il Mu? Il Mu è una filosofia che deriva dal Taoismo ed insegna a non aggredire più la terra, gli insetti, i vermi, i funghi, ma a sviluppare la biodiversità necessaria a creare un sistema naturale in equilibrio dinamico.
Il suo diffusore fu, negli anni ’40 del secolo scorso, un microbiologo giapponese (Masanobu Fukuoka), non convinto dell’effettiva utilità delle pratiche agricole, sia quelle tradizionali dell’epoca che quelle moderne che iniziavano ad affermarsi.
L’Agricoltura naturale ci insegna che è possibile coltivare lasciando che sia la natura, nella sua complessità e nei suoi tempi perfetti, a produrre il cibo necessario, senza che l’intervento “violento” dell’uomo ne alteri il corso. Questo metodo, che si potrebbe definire della “non-azione”, è basato su quattro principi fondamentali che vado a riassumere.

I sostenitori di questa tecnica colturale/filosofica si asseriscono che il biologico è un’etichetta, l’agricoltura naturale è invece quella che ha un vero e diretto rapporto con il clima, con la pianta, con gli uomini. Legato al concetto di agricoltura naturale vi è quello di Agricoltura sinergica e di Permacoltura. La prima studia e sfrutta il complesso sistema di relazioni tra le consociazioni vegetali, i microrganismi del suolo e gli elementi nutritivi. La “Permacoltura”, invece, deriva il suo nome dall’inglese permaculture che è una contrazione di permanent agriculture. Secondo il coniatore del termine Bill Mollison: “una cultura non può sopravvivere a lungo senza una base agricola sostenibile ed un’etica dell’uso della terra”. Più che un insieme di tecniche agricole la permacultura è un sistema di progettazione per insediamenti umani ecosostenibili, fondati sull’attenzione totale al territorio e ai metodi di coltivazione applicati. Essa è strettamente connessa all’agricoltura naturale che ne è sicuramente l’aspetto tecnico metodologico più conforme ad essa.

ALLA FINE...
Tralasciando l’approfondimento tecnico dei metodi di coltivazione a cui si è accennato direi che il dato fondamentale è l’attuale sopravanzare dell’era biologica, e il conseguente parziale abbandono dell’era chimica. Anche se è vero che non tutti gli aspetti dell’agricoltura biologica, attualmente normata, sono sempre condivisibili ed in linea con una logica di minimizzazione dell’impatto ambientale, è altresì vero che è in atto un profondo cambiamento, punto di partenza per un futuro diverso e migliore. Nell’ultimo secolo si è solo pensato ad aumentare le produzioni, senza preoccuparsi del prezzo che stavamo pagando per questa visione parziale del problema. Qualità e sostenibilità (durata nel tempo) delle produzioni stesse sono infatti altri due fattori fondamentali da considerare.

SE FOSSE
UNA CANZONE...

“Montagne verdi” (1972)

di Marcella Bella

Singolo 45 giri scritto da Gianni Bella e Giancarlo Bigazzi presentato nel difficile Sanremo del 1972.

Sono convinto che, nel corso del prossimo decennio, si consoliderà una visione ed una gestione completamente nuova per quanto riguarda lo sfruttamento agricolo del territorio. Un futuro dove non si debba più calcolare, per ogni prodotto utilizzato in agricoltura, la cosiddetta DL 50 (dose letale 50%), indicatore del grado di tossicità, dalla quale dipende anche il grado di accumulo dei residui di veleno nel nostro corpo (mg. x chilo di peso) e nel terreno. Camminare sul filo del rasoio fra la necessità di nutrirsi e il rischio di intossicarsi non è più una cosa tollerabile, né tantomeno è tollerabile trattare la terra come un limone da spremere visto che dopo non la possiamo buttare via... abbiamo solo questa!

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