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Vite da campione
Il mondo nelle braccia

Rubrica Tarozzi

di Marco Tarozzi
biografia

Il mondo nelle braccia

Norberto aveva tutto. Bellezza, forza fisica, amici, gioventù. Era un campione di football americano, conteso dalle società più importanti d’Italia, campione d’Europa con la Nazionale. Norberto aveva tutto, eppure gli mancava qualcosa. E nel ’92, a ventotto anni, decise che, se il corpo era a posto, era arrivato il momento di fare qualcosa per l’anima.

Contattò Cefa Onlus, che da oltre quarant’anni porta avanti progetti di solidarietà in Tanzania, e decise di diventare parte attiva di uno di questi. E laggiù, in Africa, il destino gli mise di fronte un’altra vita. Proprio a lui, e a quel suo fisico perfetto. Un incidente d’auto, diverse settimane di coma, il risveglio nella sua Parma con una dimensione diversa da accettare: la disabilità, e una sedia a rotelle come compagna.

Il mondo nelle braccia

A cinquant’anni, Norberto De Angelis è un uomo pieno di vita, di passione, di progetti. E appena quattro mesi fa ha chiuso il cerchio. Ha ritrovato Cefa Onlus, ha proposto una nuova idea, ricchissima di contenuti, e dopo aver raccolto consensi e sostegno l’ha messa in pratica. È tornato là dove era finita la sua prima vita. In Tanzania. Ha ritrovato quei posti e li ha attraversati. Con una handbike, questa volta. Non un caso. Lo sport è sempre stato di casa, nella vita di Norberto. Anche dopo quel brusco e maledetto stop. L’handbike è stata una scoperta appassionante. Il mezzo giusto per accendere la creatività, per inseguire la libertà.

Ha cominciato dall’America, questo ragazzo dagli occhi accesi e penetranti, che ti convince alle sue idee con uno sguardo. Anzi, dalla “strada che ha fatto l’America”, la leggendaria Route 66. Un Forrest Gump deciso a dimostrare che i limiti sono uno stato mentale. 3798 chilometri in ottanta giorni. Per “festeggiare” alla sua maniera anche un’altra vittoria epocale.

Il mondo nelle braccia

Nel 2007 sono finito sotto i ferri. Mi hanno asportato un tumore maligno. Quelli sono i giorni in cui ho “deciso di vivere”, che per me significa darsi da fare e cercare di inventarsi qualcosa che dia un senso all’esistenza. Mi venne in mente la scena di Forrest Gump in cui il protagonista ragazzino rompe i tutori delle gambe e comincia a correre, e ho avuto un’illuminazione. Da gennaio del 2008 mi sono allenato per sedici lunghi mesi, preparando di notte il piano d’azione: su internet cercavo possibili accompagnatori, eventuali sponsor, mi documentavo sul percorso. È stata una magnifica ossessione”.

“Lo sport mi ha tirato fuori tante volte da situazioni buie, e ha alimentato la fiducia che ho in me stesso.
Ma questo può valere per chiunque altro, e io sono qui per dimostrarlo.”

Il 16 luglio del 2009 era qualcosa di più. Un sogno realizzato. Così, Norberto si è messo a fantasticarne altri, senza mai smettere di tenersi in allenamento, di volare con la sua handbyke sulle strade della Bassa parmense, di mantenersi tonico in palestra. Poi, all’improvviso gli è ricomparsa davanti l’Africa. La sua Africa, quella che lo aveva tradito. Insieme a Cefa, ha costruito il progetto che avrebbe in qualche modo esorcizzato i cattivi pensieri che frullavano nella testa da ventidue anni. Si chiama “Less is More”, il progetto. Come ogni cosa che Norberto si mette in testa di portare a termine, è andato in porto con successo. Sulle strade d’Africa, questo campione di nobiltà e coraggio aveva messaggi importanti da mandare. Uno per quelli che, come lui, devono improvvisamente far conto su una sedia a rotelle per muoversi, e faticano a superare il trauma.

Voglio dimostrare che riesco a compiere imprese come queste nella mia condizione, e che dunque sono alla portata di tutti. I disabili possono attraversare una Nazione con la forza dei muscoli, ma soprattutto possono lavorare, essere fonte di reddito, essere indipendenti. Ogni volta che mi butto in un’avventura delle mie, penso a quanti nella mia condizione potrei ispirare”.

Il mondo nelle braccia

L’altro messaggio è rivolto all’Africa. Dove essere disabile è ancora più difficile.

In questo continente di una bellezza straripante e commovente, la vita di un uomo nelle mie condizioni è cento volte più dura. Il pregiudizio, l’ignoranza, i retaggi tribali ne minano la vita. Le famiglie hanno spesso vergogna delle persone in difficoltà, le isolano, spesso le allontanano dalla comunità. L’handicap diventa una colpa di cui vergognarsi. Sono storie tristi, di emarginazione assoluta, che ho cercato di “bucare” attraversandole con la mia handbike, fermandomi nei villaggi, nelle scuole, parlando ai bambini”.

Come ha fatto a Njombe, alla fine della prima tappa, incantando a gesti e sorrisi un centinaio di bambini non udenti della scuola primaria e secondaria fondata dalla Chiesa luterana. Come ha fatto a Iringa, visitando la casa famiglia Nyumba Ali, gestita da una coppia bolognese che ha organizzato un centro diurno per bambini disabili, all’avanguardia in logopedia, psicologia e comunicazione alternativa aumentativa.

VITA DA CAMPIONE

NORBERTO DE ANGELIS è nato a Piacenza l’1 giugno 1964. Stella del football americano, ruolo linebaker, ha esordito in A a 19 anni e giocato con Panthers Parma, Seaman Milano, Towers Bologna e Jets Bolzano, vincendo un tricolore Under 20 a Parma e nel 1987 il titolo europeo con la Nazionale, conquistando anche in quell’occasione il record di single tackle della rassegna, con 17 placcaggi. È stato inserito nelle “Hall of Fame” della Federazione e dei Seaman Milano. Con l’handbyke ha portato a termine la traversata della Route 66 da Chicago a Los Angeles nel 2009 e la traversata della Tanzania a tappe nel 2013. È anche un campione di pesistica.

Il mondo nelle braccia

Dodici tappe, da Matembwe a Dar-es-Salaam, con oltre duecento disabili in handbyke e ciclisti ad attenderlo per accompagnarlo negli ultimi chilometri della sua fatica. Un momento che Norberto non dimenticherà mai. In mezzo, una rete di progetti di solidarietà che la traversata ha messo in primo piano.

Lo sport mi ha tirato fuori tante volte da situazioni buie, e ha alimentato la fiducia che ho in me stesso. Ma questo può valere per chiunque altro, e io sono qui per dimostrarlo”.

Su tutto, una bellissima notizia: per Norberto De Angelis l’Africa non sarà mai più soltanto un brutto ricordo.

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