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Vite da campione
Un “Prof” contro il doping

Rubrica Tarozzi

di Marco Tarozzi
biografia

Un “Prof” contro il doping

Nella vita, uno con la schiena dritta lo riconosci sempre. Perché ti guarda sempre in faccia, perché ha una coscienza e la usa, perché puoi provare a spezzarlo ma di piegarsi no, non se ne parla. Ecco, Alessandro Donati è proprio un tipo così, e il mondo sportivo italiano, che per anni ha cercato di emarginarlo e farlo passare per un guastafeste, o peggio ancora un millantatore, dovrebbe ringraziarlo di esistere. Perché questo educatore e maestro di sport non si è mai allontanato dai sentieri dell’etica, e quando ha visto cose che non funzionavano ha parlato, gridato, denunciato con coraggio.

Successe, ad esempio, nel 1989, quando vide la luce il suo volume “Campioni senza valore”, nel quale lui che era uno dei tecnici più brillanti dell’atletica azzurra, allenatore tra gli altri di Donato Sabia, Pierfrancesco Pavoni, Anna Maria Di Terlizzi, denunciava le storture dello sport di vertice e la affannosa ricerca di scorciatoie per riempire le bacheche in occasione di grandi eventi come Olimpiadi e Mondiali. Un libro prezioso, la cui prima edizione svanì misteriosamente (poche migliaia di lettori ebbero modo di trovarlo e sfogliarlo), e la seconda non vide la luce per il disimpegno (ispirato da qualcuno?) dell’editore. Non ha avuto lo stesso destino l’opera che Donati ha dato alle stampe a fine 2012, “Lo sport del doping”, edizioni Gruppo Abele: stavolta è stato addirittura organizzato un tour di 71 tappe per portare in giro per l’Italia un messaggio su un argomento spinoso che Donati conosce bene. Roba da rockstar.

“Non mi sembra di avere il fisico del ruolo” spiega sorridendo il professore. “Semplicemente, dopo aver lottato per tanti anni mi accorgo che c’è una situazione favorevole e cerco di diffondere le idee che mi hanno sempre guidato. Il resto lo fa la gente con la propria attenzione, la propria capacità di ribellione. Questo libro si sta diffondendo velocemente, ha già avuto quattro ristampe. Ha occupato i primi posti nel settore della saggistica, ha vinto il premio Brera. A me viene da pensare, al di là dei miei piccoli meriti, che in una larga fetta del pubblico ormai ci fosse una sorta di disgusto, la non accettazione di uno sport non più credibile”. Una saturazione che i casi recenti di Lance Armstrong e Alex Schwazer, pur nella loro diversità, hanno elevato all’ennesima potenza.

“Vero, sono due storie diverse, ma messe insieme raffigurano in modo più completo il quadro in cui ci si muove. La vicenda di Armstrong è quella di un businessman che aveva accumulato una ricchezza e si muoveva in modo spregiudicato: normale, si sa che le faccende del doping si intrecciano con gli imbrogli. È inquietante scoprire che avrebbe versato una cifra di denaro rilevante per insabbiare una positività. La storia di Schwazer mette in evidenza la solitudine dalla quale rimane avvolto l’atleta che ha ottenuto risultati, qualche buon guadagno e popolarità, quando cade vittima di un problema di doping e improvvisamente viene abbandonato da tutti. Sono esempi della precarietà della situazione nella quale vivono questi atleti di vertice”.

La vicenda di Armstrong è quella di un businessman che si muoveva in modo spregiudicato: le faccende del doping si intrecciano con gli imbrogli.

Il professor Donati non ha mai smesso di combattere, anche quando la sua sembrava davvero una guerra contro i mulini a vento. È stato vessato, ha subito mobbing, ha rischiato tante volte di essere buttato fuori dalle strutture per cui lavorava e che accusava dal di dentro. In particolare Coni e federazioni sportive, da lui accusate di aver lavorato alla “costruzione” di atleti da medaglia prendendo scorciatoie ben lontane dall’idea di uno sport etico. Proprio mentre la Wada, agenzia internazionale antidoping, lo nominava consulente. Donati fa nomi e cognomi, e il suo è un diario che toglie il fiato e a tratti dipinge un mondo senza speranza, perché contro chi si batte per debellare la piaga del doping ci sono tutti quelli che da uno sport vincente traggono profitto. “Il mio ruolo è stato duro soprattutto prima che venisse approvata la legge penale, e fino al momento in cui fu aperta un’indagine penale della Procura di Ferrara sull’attività di Francesco Conconi, grazie all’impegno dell’ex Pm Pierguido Soprani. Due vicende essenziali, dopo le quali è iniziata una fase nuova. Prima venivo definito un calunniatore, uno squilibrato. Soprani è stato fondamentale: ha avuto coraggio, intelligenza. L’indagine era complessa e le pressioni e i tentativi di bloccarlo sono stati tanti. Non dimentichiamo che dopo questa vicenda ha deciso di uscire dalla magistratura, anche per le delusioni provate quando gli fu impedito di svolgere un’indagine finanziaria che avrebbe aperto ancora di più la strada...” È soddisfatto, Donati. Sente crescere una coscienza, una volontà di cambiare, e il suo impegno che dura da trentacinque anni forse ha trovato il senso che avrebbe sempre meritato. Ma essere ottimisti, soprattutto per chi come lui conosce vizi e storture del mondo che sta combattendo, è maledettamente difficile. “Spesso mi chiedono se davvero I tempi sono cambiati. Rispondo di sì, ma soltanto nel senso che le istituzioni sportive di vertice sono più accorte e fanno assumere direttamente agli atleti le responsabilità delle loro azioni. Ma fino a quando tutta questa presa di coscienza non si tramuterà in movimenti concreti, capaci di obbligare le istituzioni sportive di vertice a cambiare rotta, sarà impossibile girare pagina”.

SE FOSSE UNA CANZONE...

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