IL BANCONE DEL BAR

di MASSIMO CIRRI
biografia
due sorsi di confidenze
Social o A-social?
- Ma tu ci sei sui social network?
- Cioè?
- Facebook, Twitter, quelle cose lì in rete,
su internet...
- Quelle dove scrivi cosa stai facendo e poi
clicchi “Mi piace” su quello che ha scritto
qualcun altro?
- Quelle...
- Un po’ si e un po’ no...
- Vale a dire?
- Vale a dire che mi è successo questo: un
paio di mesi fa mia figlia, che ha 15 anni
e passa un bel po’ di tempo davanti al
computer...
- Quanto tempo?
- Ore e ore, troppo. Sta sempre lì.
- E quando non sta davanti al computer?
- Quando non sta davanti al computer litiga
col fratello per chi deve stare davanti
al computer.
- Capisco. Ma è meglio che ne parliamo
un’altra volta.
- Perché?
- Perché anche i miei figli fanno così e
a me, solo a pensarci, mi prudono le
mani e...
- E gli annoderesti il filo del mouse bello
stretto come fossero le stringhe delle
scarpe?
- Si. Ma dopo. Prima glielo stritolerei a
morsi.
- Ecco. Anch’io. Non li capisco. Mi pare che
a volte ci si perdano, davanti al computer.
Ma poi...
- Ma poi?
- Ma poi, a volte, mi viene il dubbio che
siamo noi, i genitori, ad essere in ritardo.
E che loro, i figli, sono davvero un po’ diversi.
Loro sono nativi digitali e...
- Che cosa significa, di preciso, “nativi digitali”?
- Di preciso non lo so mica. È che me lo
dice lei, mia figlia: “Papà, non posso
stare senza computer. Io sono nativa
digitale”.
- E tu?
- Io le ricordo che se non mi da retta e non
spegne subito quel computer le tocca
andare a letto. Di sicuro senza computer
e casomai anche senza cena. Poi mi viene
il dubbio…
- E cioè?
- Che per loro, i figli, è più naturale comunicare
anche così. Con il computer.
- Può essere. Anche noi, da ragazzi, pensaci,
a volte si stava per ore al telefono...
- E tuo padre urlava: “Te, se non mi lasci
subito libero il telefono perché aspetto
una chiamata di lavoro, finisci a letto
senza cena”.
- È vero. Per loro il computer è una cosa
naturale.
- Così, ti dicevo, qualche settimana fa mia
figlia ha aperto una pagina per me su Facebook. “Papà adesso sei su Facebook”,
mi ha detto. “Che cosa significa?” Le ho
chiesto io.
- E lei?
- Lei mi ha risposto che adesso una pagina
Facebook ci vuole assolutamente. Non
se ne può fare a meno. Se non ce l’hai
non esisti.
- E tu?
- Che proprio non esisti mi sembra un po’
esagerato. Però Facebook serve.
- A cosa?
- Un po’ a ritrovare qualche amico che non
sentivo da anni. Ci si era persi, capita.
Adesso ci siamo un po’ ritrovati. So cosa
fa perché lo leggo su Facebook e forse
finisce che poi ci si sente un po’ più vicini
- E poi?
- Poi può servire ad avere un canale di
comunicazione in più, per esempio al
lavoro.
- E tu vai a vedere la pagina Facebook di
Manutencoop?
- A volte. Guardi la foto di un collega al
lavoro. Dici la tua. Impari qualcosa.
- E clicchi Mi piace?
- Se mi piace, si.
- Ma non è un po’ troppo semplice? ”Mi
piace”, “Non mi piace più”: tutti come
dei bambini.
- Può essere. Ma basta non prenderla
troppo sul serio.
- In che senso.
- Nel senso che quelli lì su Facebook,
anche se si chiamano “amici”, non
sono proprio tutti amici veri. È un’altra
cosa, l’amicizia su Facebook, una cosa
più leggera. Che casomai si aggiunge a
quell’altra.
- Ma non è che poi qualcuno finisce per
confonderla?
- È vero. Converrebbe non confonderla. E
poi, sempre per Facebook, converrebbe
ricordarsi un’altra cosa...
- Cioè?
- Che quando fai quella cosa lì, quando
scrivi qualcosa su Facebook, a volte ti
fai come prendere la mano. Perché Facebook è una cosa veloce. È come parlare,
come quando sei al bar: ti viene in mente
una cosa e la dici. Subito. A volte perché
reagisci a quello che ha scritto un’altro.
Ti urta e reagisci. Senza pensarci troppo.
- E invece?
- E invece quella cosa che hai buttato lì, un
po’ d’impeto, un po’ esagerando per far
colpo, rimane lì per sempre…
- E tu fai la figura del cretino?
- Può essere. O quantomeno ci rimetti la
faccia.
- Ma tu, alla fine, su Facebook, quanti
amici hai?
- Non lo so...Cento?
- E tu?
- Più o meno. Ma la sai una cosa?
- Eh.
- Mia figlia, sempre lei, quando ha fatto
quella pagina Facebook per me...Con il
discorso che tutti devono averne una,
poi ne ha aperta una, di queste pagine,
anche per Coda.
- Coda, il cane?
- Lui.
- E allora?
- Allora oggi, dopo due mesi, Coda su Facebook
ha più amici di me.
- Com’è successo?
- Che ne so?
- Potrebbe essere per la fotografia che ha
messo sulla pagina?
- Non sono abbastanza peloso?
- Oppure potrebbe essere per via del tuo
carattere.
- Cioè?
- Pensaci: qualsiasi cane, se proprio non è un Pitbull rabbioso con un attacco di
emorroidi infiammate, ha un carattere
migliore del tuo.
- E allora?
- Allora: o te ne fai una ragione, su Facebook
il tuo cane ha più amici su di te,
oppure...
- Oppure?
- Oppure ti butti su Twitter.
- No grazie. Per adesso, come social network,
basta così.
- Allora ci beviamo su. Offro io.
- Grazie.
- Figurati. Un bicchiere di rosso?
- Si, va benissimo.
- Vuoi anche qualcosa da mangiare? Che
so: due crocchette? Te le faccio mettere
in una ciotola? Vuoi un osso da
rosicchiare?
- Grrrr.
- Non fare così: buono, cuccia. Non ringhiare
o ti tolgo l’amicizia.
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