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Sei in: webAmbiente / numero 4 - 2009 / Fare di conto

fare di conto

Primo piano sull’Economia Uno scudo anticrisi

Nicolini

di Massi-miliano Marzo biografia

Ha occupato le cronache economiche per diversi mesi, tra sostenitori e detrattori. Lo scudo fiscale dovrebbe riportare in italia i patrimoni conservati nei paradisi fiscali. Ma è giusto concedere l’impunità a prezzo “scontato” a chi ha eluso il fisco trasferendo il denaro all’estero? E quali risultati sono stati ottenuti sino ad oggi?

Nel corso degli ultimi mesi il tema dello scudo fiscale ha tenuto spesso banco nelle discussioni relative ai problemi economici. In estrema sintesi, lo scudo fiscale è quell’operazione che permette a chi possiede un quantitativo di capitali in quei paesi cosiddetti “paradisi fiscali”, di poterli far rientrare nel nostro paese, previo il pagamento di una imposta pari a circa il 5 per cento del capitale. È evidente che i destinatari di tale provvedimento sono coloro che detengono grosse somme all’estero, in paesi fuori dalla normativa dell’Unione Europea relativa al segreto bancario e all’antiriciclaggio (ad esempio Svizzera o San Marino).

La prima domanda è: perché una persona è incoraggiata a esportare capitali in un “paradiso fiscale”? Una domanda a cui si possono dare due risposte, una ovvia e una un po’ meno. La risposta più diretta è che si desidera occultare redditi (leciti o illeciti) al fisco del proprio paese. Una seconda risposta, invece, riguarda la professionalità con cui i capitali vengono investiti e gestiti nei paradisi fiscali, che non è necessariamente comune a tutti. Se consideriamo la Svizzera, ad esempio, sappiamo che da secoli viene mantenuta una estrema riservatezza sui patrimoni personali e famigliari, con la definizione di programmi di investimento ritagliati su misura delle esigenze specifiche di ogni cliente. Non sempre una cura così maniacale si riscontra nei servizi di gestione patrimoniale offerti dalle banche. Servizi bancari troppo standardizzati e troppo impersonali possono spingere i possessori di grossi patrimoni a ricercare aree in cui le loro esigenze sono attentamente valutate.

Fare di Conto

Il provvedimento di scudo fiscale è stato adottato in maniera analoga anche da altri paesi europei, in particolare Francia e Germania. Una delle differenze fondamentali con i provvedimenti adottati all’estero riguarda l’anonimato: in Italia non è obbligatorio dichiarare le generalità del proprietario dei fondi che rientrano dal paradiso fiscale nel nostro paese. All’estero, invece, oltre ad un’imposta più elevata, non vi è la garanzia dell’anonimità per chi decide di riportare il proprio denaro in patria. Altri fattori – quali, ad esempio, un’aliquota più bassa e condoni aggiuntivi per altri reati fiscali – rendono ulteriormente diversa l’operazione di scudo fiscale italiano.

Al di là dei giudizi sulla correttezza o meno di aver aggiunto altre forme di sanatoria fiscale insieme allo scudo fiscale, chiediamoci: che successo ha avuto? Chi ci guadagna? La prima domanda ha una risposta immediata: l’operazione di scudo ha prodotto un rientro di circa 110 miliardi di euro. Da questo punto di vista è un grande successo, dal momento che con le imposte dovute, si genereranno risorse preziose per il bilancio dello stato. Chi ci guadagna? Al di là del giudizio morale sui contenuti dell’operazione, va sottolineato che essa presenta vantaggi per molti operatori. In primo luogo, una massa di denaro così importante rientrata “in chiaro”, andrà ad alimentare due canali tipici di investimento: il risparmio gestito, sotto forma di fondi comuni (azionari, bilanciati, obbligazionari, etc.) e l’acquisto di titoli di stato. In qualche modo, dall’operazione di scudo fiscale, lo Stato ci guadagna due volte: con le imposte pagate e con una maggior domanda di titoli di stato, evitando emissioni di nuovi BOT, CCT e altro a condizioni svantaggiose per il governo (cioè con tassi di interesse più alti). Per quanto riguarda il comparto fondi di investimento, è innegabile che l’operazione di scudo rappresenti una boccata d’ossigeno fondamentale dopo le batoste degli ultimi anni che hanno aumentato vertiginosamente i riscatti e l’uscita generalizzata dal mondo del risparmio gestito.

In realtà, c’è un altro attore fondamentale che ci guadagna: la banca. Se infatti viene fatta rientrare una somma ingente (diciamo due milioni di euro), il primo approdo sarà un conto corrente bancario in Italia. Con maggiori fondi a disposizione la banca avrà aumentato la propria liquidità gestita e potrà così avere maggiori risorse a disposizione per erogare nuovi prestiti o per migliorare la qualità del proprio attivo di bilancio. In qualche modo, lo scudo fiscale – se ben gestito – permette di rimettere in circolazione una massa di denaro che era come incastonata in uno scrigno (il paradiso fiscale).

Dal punto di vista tecnico non vi è dubbio che in presenza di una crisi così forte e generalizzata il denaro rientrato rappresenti un toccasana per la nostra economia. Tuttavia ora arriva il banco di prova: se le banche nei prossimi mesi si renderanno effettivamente più disponibili al sostegno di famiglie e imprese attraverso maggiori fondi, ecco che il denaro rientrato con lo scudo sarà effettivamente rimesso in circolazione. Se, invece, non si osserverà un cambiamento apprezzabile nel comportamento delle banche, vorrà dire che il denaro rientrato si sarà nuovamente infilato da qualche parte. In ogni caso, però, le banche non potranno più avere alcuna remora legata alla mancanza di liquidità: con 110 miliardi di denaro fresco a disposizione dell’economia (anche se non nella loro totalità), senza dover ricorrere al mercato interbancario, riesce difficile pensare ad un’assenza di fondi per sostenere l’economia. Lo scudo fiscale, pur con tutti i limiti di carattere morale che tale operazione dimostra, può essere un’occasione importante: speriamo solo che sia usata bene.

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